Divagazioni: boicottiamo sugo, polenta e tacchino
Questo post, come si accorgeranno chiaramente i lettori, non riguarda il cuore degli interessi del blog (oddio, quasi mi scappava "la mission", come dicono oggi quelli bravi). Insomma, qui non parliamo di vini biologici ma parliamo (anche) di vini, e di vini italiani in particolare.
Da alcuni anni, ormai, assisto a una vera e propria moda del protezionismo alimentare: un protezionismo per la maggior parte dei casi più a parole che a fatti, visto che il Mercato Unico europeo è una realtà e visto che tutto il mondo diventa sempre più un unico mercato globalizzato. Che poi questo sia o meno una cosa positiva, ne discuteremo magari un'altra volta. Una cosa è certa: decidere oggi, per fare un esempio, di chiudere le frontiere al vino francese o spagnolo solo perchè tanti nostri produttori hanno le cantine piene di vino invenduto è, semplicemente, impossibile.
Si è affermato così un protezionismo alimentare fatto più di chiacchiere e proclami che di fatti concreti. E così, giù appelli contro il pomodoro cinese, l'olio tunisino, le fragole del Marocco o il pesce del Vietnam. Questo non c'entra nulla con la sacrosanta necessità di non vedere sulla nostra tavola e nei nostri ristoranti cibi che non rispettano fino in fondo tutte le norme igieniche, di
Non ci fermiamo qui. Nelle recenti feste natalizie, il ministro dell'agricoltura, il leghista veneto Luca Zaia, ha lanciato un vibrante appello, con tanto di trasmissione televisive al seguito, per "brindare italiano". Insomma, basta con lo champagne e via con lo spumante autarchico (mi verrebbe da malignare e osservare che, casualmente, lo spumante ha le sue eccellenze produttive italiane in quel Nord Italia tanto caro al ministro, ma non lo faccio!). Conosco e bevo ottimi spumanti italiani, anche biologici, ma sarei davvero uno sciocco se dicessi che non mi piace lo champagne (soprattutto quello buono), magari biodinamico.
Ancora: il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, dice basta ai menù etnici che nelle scuole della Capitale per anni hanno fatto conoscere, una volta al mese, piatti della tradizione di alcuni dei popoli immigrati più presenti in città, dagli albanesi ai romeni ai filippini. Basta: smettiamola con il cous cous, ha detto Alemanno: via libera invece a piatti regionali, dalla ribollita toscana alla polenta.
Tutto all'insegna dello slogan: "Italiano è meglio".
In tutte queste manifestazioni vedo molta confusione, tanta demagogia, tantissima ignoranza e anche un pizzico di razzismo.
Mi spiegate perchè a Natale o a Capodanno debbo preferire uno spumante italiano a uno champagne francese o, magari, a un cava spagnolo? Sarò libero di bere quello che preferisco? La scelta se mai la farò sulla base dei miei gusti, delle mie simpatie, delle mie conoscenze e anche del prezzo.
Non è una delle cose più affascinanti nei viaggi conoscere le abitudini alimentari degli altri popoli, magari evitando i ristoranti turistici?
Perchè debbo boicottare il panino con il kebab e preferire invece il panino con la polpetta tutta italiana? Già, perchè lo stesso ministro Luca Zaia (nella foto in alto) ha ben pensato di benedire con la sua presenza il panino McItaly, fatto tutto con ingredienti italiani, di una notissima catena di fast food. Ma come, ma non era proprio il fast food la negazione assoluta della nostra civiltà alimentare, della nostra cultura gastronomica? Non è stato il fast food, insieme alle merendine, alle patatine e alle caramelle, ad aver creato nuove generazioni di bambini e ragazzi sempre più obesi? Le cattive abitudini alimentari si nobilitano se la polpetta è fatta con la carne di una vacca italiana? Per quale motivo dovrei preferire un (cattivo) panino fatto con un hamburger di pura carne italiana, condito con salse grasse e qualche foglia di insalata triste, a un (gustoso) panino con il kebab, fatto con il pane arabo di grano duro?
Non ci vedete qualcosa di assurdo e di contraddittorio? Perchè non dovrei preferire le olive greche di Kalamata (le compro in un discount e sono davvero ottime) a delle olive "sedicenti" italiane, inscatolate in Puglia o in Toscana e magari provenienti dalla Spagna o dalla Tunisia? Magari il giorno dopo cambio: compro e mangio delle olive biologiche sott'olio che fanno a Lanuvio, a pochi chilometri da casa mia, e che sono una delle passioni del mio amico Salvatore. E allora, che c'è di strano?
Andando di questo passo, ci chiederanno di boicottare la polenta (di mais), il sugo (di pomodoro), il tacchino ripieno di Natale o il purè (di patate). D'altra parte, pomodoro, granturco, patate e tacchino vengono dalle lontane Americhe: prima di Colombo (Cristoforo, non il tenente!), non le conoscevamo. Allora che facciamo? Torniamo all'ortodossia alimentare antecedente al 1492?
Basta così, per oggi mi fermo qui.
Voi, che cosa ne pensate?
Da alcuni anni, ormai, assisto a una vera e propria moda del protezionismo alimentare: un protezionismo per la maggior parte dei casi più a parole che a fatti, visto che il Mercato Unico europeo è una realtà e visto che tutto il mondo diventa sempre più un unico mercato globalizzato. Che poi questo sia o meno una cosa positiva, ne discuteremo magari un'altra volta. Una cosa è certa: decidere oggi, per fare un esempio, di chiudere le frontiere al vino francese o spagnolo solo perchè tanti nostri produttori hanno le cantine piene di vino invenduto è, semplicemente, impossibile.
Si è affermato così un protezionismo alimentare fatto più di chiacchiere e proclami che di fatti concreti. E così, giù appelli contro il pomodoro cinese, l'olio tunisino, le fragole del Marocco o il pesce del Vietnam. Questo non c'entra nulla con la sacrosanta necessità di non vedere sulla nostra tavola e nei nostri ristoranti cibi che non rispettano fino in fondo tutte le norme igieniche, di
Non ci fermiamo qui. Nelle recenti feste natalizie, il ministro dell'agricoltura, il leghista veneto Luca Zaia, ha lanciato un vibrante appello, con tanto di trasmissione televisive al seguito, per "brindare italiano". Insomma, basta con lo champagne e via con lo spumante autarchico (mi verrebbe da malignare e osservare che, casualmente, lo spumante ha le sue eccellenze produttive italiane in quel Nord Italia tanto caro al ministro, ma non lo faccio!). Conosco e bevo ottimi spumanti italiani, anche biologici, ma sarei davvero uno sciocco se dicessi che non mi piace lo champagne (soprattutto quello buono), magari biodinamico.
Ancora: il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, dice basta ai menù etnici che nelle scuole della Capitale per anni hanno fatto conoscere, una volta al mese, piatti della tradizione di alcuni dei popoli immigrati più presenti in città, dagli albanesi ai romeni ai filippini. Basta: smettiamola con il cous cous, ha detto Alemanno: via libera invece a piatti regionali, dalla ribollita toscana alla polenta.
Tutto all'insegna dello slogan: "Italiano è meglio".
In tutte queste manifestazioni vedo molta confusione, tanta demagogia, tantissima ignoranza e anche un pizzico di razzismo.
Mi spiegate perchè a Natale o a Capodanno debbo preferire uno spumante italiano a uno champagne francese o, magari, a un cava spagnolo? Sarò libero di bere quello che preferisco? La scelta se mai la farò sulla base dei miei gusti, delle mie simpatie, delle mie conoscenze e anche del prezzo.
Non è una delle cose più affascinanti nei viaggi conoscere le abitudini alimentari degli altri popoli, magari evitando i ristoranti turistici?
Perchè debbo boicottare il panino con il kebab e preferire invece il panino con la polpetta tutta italiana? Già, perchè lo stesso ministro Luca Zaia (nella foto in alto) ha ben pensato di benedire con la sua presenza il panino McItaly, fatto tutto con ingredienti italiani, di una notissima catena di fast food. Ma come, ma non era proprio il fast food la negazione assoluta della nostra civiltà alimentare, della nostra cultura gastronomica? Non è stato il fast food, insieme alle merendine, alle patatine e alle caramelle, ad aver creato nuove generazioni di bambini e ragazzi sempre più obesi? Le cattive abitudini alimentari si nobilitano se la polpetta è fatta con la carne di una vacca italiana? Per quale motivo dovrei preferire un (cattivo) panino fatto con un hamburger di pura carne italiana, condito con salse grasse e qualche foglia di insalata triste, a un (gustoso) panino con il kebab, fatto con il pane arabo di grano duro?
Non ci vedete qualcosa di assurdo e di contraddittorio? Perchè non dovrei preferire le olive greche di Kalamata (le compro in un discount e sono davvero ottime) a delle olive "sedicenti" italiane, inscatolate in Puglia o in Toscana e magari provenienti dalla Spagna o dalla Tunisia? Magari il giorno dopo cambio: compro e mangio delle olive biologiche sott'olio che fanno a Lanuvio, a pochi chilometri da casa mia, e che sono una delle passioni del mio amico Salvatore. E allora, che c'è di strano?
Andando di questo passo, ci chiederanno di boicottare la polenta (di mais), il sugo (di pomodoro), il tacchino ripieno di Natale o il purè (di patate). D'altra parte, pomodoro, granturco, patate e tacchino vengono dalle lontane Americhe: prima di Colombo (Cristoforo, non il tenente!), non le conoscevamo. Allora che facciamo? Torniamo all'ortodossia alimentare antecedente al 1492?
Basta così, per oggi mi fermo qui.
Voi, che cosa ne pensate?
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